L'attivazione psicofisiologica nello sport


L'attivazione psicofisiologica nello sport. Di cosa si tratta? L'attivazione psicofisiologica determina il livello di attenzione con cui mente e corpo si preparano ad affrontare una situazione, nello sport come nella vita.

Quando si deve fronteggiare una situazione di qualunque tipo, che sia lavorativa, di studio, o ad esempio si deve affrontare una prestazione sportiva, il nostro organismo, nella sua accezione di unità di mente e corpo, si prepara ad affrontarla con una attivazione psicofisiologica utile e mirata, o almeno così dovrebbe essere, visto che purtroppo capita di non essere abbastanza concentrati e di lavorare in modo inefficace e non produttivo.

Le ricerche evidenziano uno strettissimo rapporto tra questa attivazione e la riuscita di una buona prestazione; se l'attivazione avviene in modo positivo, sarà più facile ottenere un buon risultato, nel caso contrario sarà negativo.

L'attivazione psicofisiologica è di fatto il livello di allerta stimolato dalla situazione che si pone di fronte, con cui mente e corpo si preparano quindi ad affrontarla. Il livello di arousal che si può creare parte da un minimo livello di attivazione in cui l'attenzione è pigra, bassa o inesistente, fino a un massimo livello in cui si crea una situazione di stress, di rabbia o addirittura di panico.

Gli estremi sono situazioni che determinano un cattivo risultato, una performance negativa. Il livello ottimale sta ovviamente nel mezzo: i valori medi di arousal determinano la migliore performance. Gli estremi motivazionali sono tutt'altro che utili al raggiungimento della buona prestazione. I livelli intermedi invece sono quelli efficaci: inducono infatti a una buona concentrazione ed attenzione, ad un generale livello di benessere e di autoefficacia, tutti elementi ottimali per l'ottenimento di una prestazione eccellente.

Ora, tali considerazioni non sono valide per tutti; sarà utile che ogni atleta valuti il proprio livello ottimale insieme ad un esperto. Può essere infatti che per uno sportivo dal carattere particolarmente ansioso il livello ottimale sia medio-alto, mentre per un altro giocatore normalmente flemmatico il livello ottimale sia medio-basso.

Quello che è certo è che gli estremi, caratterizzati da troppa tensione o totale assenza di attivazione, inducono generalmente a poca concentrazione, che si trasforma in una scarsa prestazione. Per il giocatore medio, non troppo ansioso e nemmeno troppo impassibile, il livello medio di attivazione psicofisiologica porterà quindi a una buona concentrazione, che si tramuterà in una buona prestazione, e quindi al buon risultato. Conoscere il proprio livello può aiutare notevolmente a gestire efficacemente la propria vita sportiva.

E voi, quale vita (sportiva) volete davvero?

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